Congedo di Maternità
Il congedo di maternità è il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e il puerperio . In presenza di determinate condizioni che impediscono alla madre di beneficiare del congedo, l’astensione dal lavoro spetta al padre (congedo di paternità). Il diritto al congedo e alla relativa indennità è previsto anche in caso di adozione o affidamento di minori.
L’obbligatorietà del congedo per le lavoratrici dipendenti è sancita dal Testo Unico sulla maternità e paternità (decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151) che vieta ai datori di lavoro di adibire le donne al lavoro durante il periodo di congedo di maternità.
Dal 14 giugno 2017, data di entrata in vigore della legge 22 maggio 2017, n. 81, il congedo di maternità non è più obbligatorio per le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata. La relativa indennità, pertanto, è riconosciuta a prescindere dall’effettiva astensione dall’attività lavorativa.
Il congedo di maternità spetta a:
- lavoratrici dipendenti assicurate all’INPS anche per la maternità, comprese le lavoratrici assicurate ex IPSEMA;
- apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti con un rapporto di lavoro in corso all’inizio del congedo;
- disoccupate o sospese, secondo quanto previsto dall’articolo 24 del citato Testo Unico maternità/paternità (TU);
- lavoratrici agricole a tempo indeterminato o determinato che, nell’anno di inizio del congedo, siano in possesso della qualità di bracciante con iscrizione negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate di lavoro agricolo (articolo 63 del TU);
- lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti), secondo quanto previsto dall’articolo 62 del TU;
- lavoratrici a domicilio (articolo 61 del TU);
- lavoratrici LSU o APU (attività socialmente utili o di pubblica utilità dell’articolo 65 del TU);
- lavoratrici iscritte alla Gestione Separata INPS e non pensionate in possesso del requisito contributivo previsto dalla legge per finanziare le prestazioni economiche di maternità. La relativa indennità è riconosciuta a prescindere dall’effettiva astensione dall’attività lavorativa;
- lavoratrici dipendenti da amministrazioni pubbliche (incluse le lavoratrici dipendenti ex INPDAP ed ENPALS) le quali sono tenute agli adempimenti previsti dalla legge in caso di maternità verso l’amministrazione pubblica dalla quale dipendono e da cui percepiscono la relativa indennità, corrispondente al trattamento economico, secondo quanto disposto dagli articoli 2 e 57 del TU.
Decorrenza e durata
Secondo quanto previsto dagli articoli 16 e seguenti del TU, il congedo di maternità inizia due mesi prima la data presunta del parto (salvo flessibilità ). Il periodo di astensione può riguardare periodi di gestazione antecedente i due mesi qualora sia disposta l’interdizione anticipata su disposizione dell’Azienda Sanitaria Locale, se la gravidanza è a rischio, o della Direzione territoriale del lavoro se le mansioni sono incompatibili con la gravidanza.
Dopo il parto il congedo dura:
- tre mesi (salvo flessibilità ) e, in caso di parto avvenuto dopo la data presunta, i giorni compresi tra la data presunta ed effettiva;
- tre mesi più i giorni non goduti, se il parto è anticipato rispetto alla data presunta (parto prematuro o precoce). Questo anche nel caso in cui la somma dei tre mesi successivi al parto e dei giorni compresi tra la data effettiva e quella presunta del parto supera il limite di cinque mesi;
- l’intero periodo di interdizione prorogata disposto dalla Direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili con il puerperio ).
La legge di bilancio per il 2019 ha introdotto, in alternativa alle consuete modalità di fruizione di cui all’articolo 16, comma 1, decreto legislativo 151/2001, la facoltà per le madri di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto, entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale, o con esso convenzionato, e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro (circolare INPS 12 dicembre 2019, n. 148).
In caso di parto gemellare la durata del congedo di maternità non varia.
La data del parto è giorno a sé rispetto ai due mesi di ante partum e ai tre mesi post partum e, pertanto, tale giorno deve essere sempre aggiunto ai consueti cinque mesi di congedo di maternità.
Se il neonato è ricoverato in una struttura, pubblica o privata, la madre può sospendere anche parzialmente il congedo successivo al parto (articolo 16 bis, comma 1 del TU) e riprendere l’attività lavorativa. La madre usufruirà del periodo di congedo residuo a partire dalle dimissioni del bambino. Questo diritto può essere esercitato una sola volta per ogni figlio, solo se le condizioni di salute della madre sono compatibili con la ripresa dell’attività lavorativa (articolo 16 bis, comma 2 del TU) e accertate da attestazione medica.
In caso di adozione o affidamento, la sospensione del periodo di congedo di maternità per il ricovero del minore è prevista solo per le lavoratrici e i lavoratori dipendenti, sempre che sia stata ripresa l’attività lavorativa (articolo 26, comma 6 bis).
Gli iscritti alla Gestione Separata che intendano astenersi dall’attività lavorativa hanno facoltà di sospendere e rinviare i periodi di maternità/paternità secondo quanto disposto dall’articolo 16 bis del Testo Unico. Permane l’obbligo di attestazione del ricovero del minore e di attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa, nei confronti dei committenti, mentre verso l’Istituto sono tenuti alla sola comunicazione della data di inizio e fine del periodo di sospensione (circolare INPS 16 novembre 2018, n. 109).
In caso di interruzione di gravidanza dopo 180 giorni dall’inizio della gestazione o di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, la lavoratrice – dipendente o iscritta alla Gestione Separata – può astenersi dal lavoro per l’intero periodo di congedo di maternità, tranne se rinuncia alla facoltà di fruire del congedo di maternità (articolo 16, comma 1 bis del TU, modificato dal decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119).
Secondo quanto previsto dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, per l’adozione o l’affidamento nazionale di minore il congedo di maternità spetta per cinque mesi a partire dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato prima dell’adozione.
Per le adozioni o gli affidamenti preadottivi internazionali, il congedo spetta per cinque mesi a partire dall’ingresso in Italia del minore adottato o affidato, con il periodo di congedo che può essere fruito anche parzialmente prima dell’ingresso in Italia del minore. Se l’affidamento non è preadottivo, il congedo spetta alle lavoratrici e ai lavoratori dipendenti per tre mesi, anche frazionato su cinque mesi, a partire dall’affidamento del minore. Tale congedo non spetta invece alle lavoratrici e ai lavoratori iscritti alla Gestione Separata.
Per ulteriori approfondimenti si può consultare la circolare INPS 4 febbraio 2008, n. 16 che attua l’articolo 26 del TU.
Il congedo di paternità (regolato dagli articoli 28 e seguenti del TU) è riconosciuto quando si verificano eventi che riguardano la madre del bambino e spetta in caso di:
- morte o grave infermità della madre. Il padre richiedente, all’atto della compilazione della domanda, indica gli estremi della madre e la data del decesso. La certificazione sanitaria di grave infermità va presentata in busta chiusa al centro medico legale dell’INPS, allo sportello o a mezzo raccomandata;
- abbandono del figlio da parte della madre, da attestare con la compilazione online della dichiarazione di responsabilità;
- affidamento esclusivo del figlio al padre (articolo 155 bis del codice civile), il quale comunica gli elementi identificativi del provvedimento indicando l’autorità giudiziaria, la sezione, il tipo e numero di provvedimento, la data di deposito in cancelleria. Tuttavia, per accelerare la definizione della domanda, il genitore può allegare copia conforme all’originale del provvedimento giudiziario.
In caso di adozione o affidamento di minori, oltre agli eventi sopra riportati, il congedo di paternità è fruibile dal padre a seguito della rinuncia totale o parziale della madre lavoratrice al congedo di maternità al quale ha diritto. La rinuncia si attesta con la compilazione online della dichiarazione di responsabilità.
Il congedo di paternità, che decorre dalla data in cui si verifica uno degli eventi sopra elencati, dura quanto il periodo di congedo di maternità non fruito dalla madre lavoratrice, anche se lavoratrice autonoma con diritto all’indennità prevista dall’articolo 66 del TU. Se la madre è non lavoratrice, il congedo di paternità termina dopo tre mesi dal parto.
In caso di ricovero del bambino in una struttura ospedaliera, il congedo di paternità può essere sospeso, anche parzialmente, fino alle dimissioni del bambino.
Per i padri la legge 28 giugno 2012, n. 92, ha inoltre introdotto in via sperimentale misure a sostegno della genitorialità che sono state prorogate anche per il 2021 dalla legge 178/2020 (legge di bilancio 2021) per il dettaglio delle quali si rinvia alla pagina relativa al Congedo papà.
Quanto spetta
Durante i periodi di congedo di maternità (o paternità) la lavoratrice (o il lavoratore) ha diritto a percepire un’indennità pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera calcolata sulla base dell’ultimo periodo di paga precedente l’inizio del congedo di maternità, quindi, solitamente, l’ultimo mese di lavoro precedente il mese di inizio del congedo (articoli 22 e seguenti del TU). Per gli iscritti alla Gestione Separata, se il reddito deriva da attività libero professionale o di collaborazione coordinata e continuativa parasubordinata, l’indennità di congedo è pari all’80% di 1/365 del reddito.
L’indennità è anticipata in busta paga dal datore di lavoro, anche per le lavoratrici assicurate ex IPSEMA dipendenti da datori di lavoro che hanno scelto il pagamento con il metodo del conguaglio CA2G (circolare INPS 23 ottobre 2015, n. 173).
È, invece, pagata direttamente dall’INPS con bonifico postale o accredito su conto corrente bancario o postale a:
- lavoratrici stagionali;
- operaie agricole (salva la facoltà di anticipazione dell’indennità, da parte del datore di lavoro, in favore delle operaie agricole a tempo indeterminato);
- lavoratrici dello spettacolo saltuarie o a termine;
- lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti);
- lavoratrici disoccupate o sospese;
- lavoratrici assicurate ex IPSEMA dipendenti da datori di lavoro che non hanno scelto il pagamento delle indennità con il metodo del conguaglio CA2G.
Per le lavoratrici e i lavoratori iscritti alla Gestione Separata il pagamento è sempre effettuato direttamente dall’INPS.
I periodi di permanenza all’estero sono indennizzati a titolo di congedo di maternità solo se seguiti da un provvedimento di adozione o affidamento validi in Italia.
Il diritto all’indennità si prescrive entro un anno e decorre dal giorno successivo alla fine del congedo di maternità (o paternità). Per evitare la perdita del diritto è necessario che la lavoratrice o il lavoratore presentino all’INPS (prima dello scadere dell’anno) istanze scritte di data certa, dirette a ottenere il pagamento della indennità.
Requisiti
Per le lavoratrici e i lavoratori dipendenti è richiesta la sussistenza di un rapporto di lavoro.
Per le lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti) sono richiesti 26 contributi settimanali nell’anno precedente l’inizio del congedo di maternità oppure 52 contributi settimanali nei due anni precedenti l’inizio del congedo (articolo 62 del TU).
In presenza del predetto requisito contributivo, l’indennità di maternità spetta indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di lavoro in atto.
Per le lavoratrici agricole a tempo determinato è richiesto, nell’anno di inizio del congedo, il possesso della qualità di bracciante comprovata dall’iscrizione negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate di lavoro agricolo.
Per le lavoratrici disoccupate o sospese, il congedo di maternità deve iniziare entro 60 giorni dall’ultimo giorno di lavoro. Se sussiste il diritto all’indennità di disoccupazione, alla mobilità o alla cassa integrazione, il congedo può iniziare oltre i 60 giorni. Per le disoccupate che negli ultimi due anni hanno svolto lavori esclusi dal contributo per la disoccupazione, il diritto all’indennità di maternità spetta solo se il congedo di maternità è iniziato entro 180 giorni dall’ultimo giorno di lavoro e sono stati versati all’INPS 26 contributi settimanali nei due anni precedenti l’inizio del congedo.
Per le lavoratrici e i lavoratori iscritti esclusivamente alla Gestione Separata INPS e non pensionati, il diritto all’indennità di maternità/paternità spetta se nei 12 mesi precedenti il mese di inizio del congedo di maternità (o paternità) risultano effettivamente accreditati o dovuti alla Gestione Separata almeno un contributo mensile comprensivo della predetta aliquota maggiorata (automaticità delle prestazioni, articolo 64-ter del TU, introdotto dal decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80). Per ogni approfondimento si rinvia alla circolare INPS 26 febbraio 2016, n. 42 e alla circolare INPS 3 giugno 2020, n. 71.
Per le lavoratrici assicurate ex IPSEMA dipendenti da datori di lavoro che scelgono il pagamento delle indennità con il conguaglio CA2G (circolare INPS 23 ottobre 2015, n. 173), la competenza territoriale alla gestione delle pratiche è quella prevista per la generalità dei lavoratori e determinata in base alla residenza dell’assicurato.
Quando fare domanda
La domanda va inoltrata prima dei due mesi che precedono la data prevista del parto e comunque mai oltre un anno dalla fine del periodo indennizzabile, pena la prescrizione del diritto all’indennità.
Prima dell’inizio del periodo di congedo di maternità, la lavoratrice deve far pervenire all’Istituto il certificato medico di gravidanza, per il tramite di un medico del Servizio Sanitario Nazionale o con esso convenzionato, che provvederà all’invio telematico dello stesso.
La lavoratrice è tenuta a comunicare la data di nascita del figlio e le relative generalità entro 30 giorni dal parto.
Come fare domanda
Le lavoratrici e i lavoratori possono presentare la domanda di congedo di maternità/paternità online all’INPS attraverso il servizio dedicato presso il Nostro Ufficio.
Le lavoratrici e i lavoratori assicurati ex IPSEMA dipendenti da datori di lavoro che scelgono il pagamento delle indennità con il conguaglio CA2G, possono presentare la domanda di congedo obbligatorio di maternità/paternità online all’INPS nelle modalità sopra riportate.
La domanda è, invece, cartacea per le lavoratrici e lavoratori assicurati ex IPSEMA, dipendenti da datori di lavoro che rinunciano al pagamento delle indennità con il conguaglio CA2G e la competenza territoriale dipende dalle istruzioni operative fornite con circolare INPS 23 ottobre 2015, n. 173. La domanda cartacea deve includere il certificato medico di gravidanza e ogni altra certificazione medico sanitaria richiesta per l’erogazione delle prestazioni economiche di maternità/paternità e può essere presentata in originale alla sede INPS competente, allo sportello o con raccomandata postale in busta chiusa. Sulla busta contenente la certificazione medico sanitaria va indicato il numero di protocollo rilasciato dalla procedura di invio online e la dicitura “Documentazione domanda di maternità/paternità – certificazione medico sanitaria” (per la legge sulla privacy).
Il termine ordinario per l’emanazione dei provvedimenti è stabilito dalla legge n. 241/1990 in 30 giorni. In alcuni casi la legge può fissare termini diversi.
Nella tabella sono riportati i termini superiori ai trenta giorni, stabiliti dall’Istituto con Regolamento.
La tabella, oltre ai termini per l’emanazione del provvedimento, indica anche il relativo responsabile.